Recensione di Vittorio Sgarbi

Avevo già avuto occasione di scrivere del “mondo pupazzo” di Roberta Moresco, così come lo avevo definito nella circostanza, proponendo, credo, un’analisi piuttosto compiuta sul modo in cui l’artista genovese si esprime, malgrado si trattasse di un testo relativamente breve. Avendo adesso l’opportunità di integrarlo, proverò a soffermarmi su aspetti da me non affrontati nella precedente circostanza, confidando sul fatto che possano essere forieri di spunti critici interessanti.
Penso, per esempio, ai riferimenti letterari presenti nelle opere della Moresco, alcuni espliciti, altri forse da individuare in nuce. Fra gli espliciti, quello ad Abarat, il ciclo romanzesco di Clive Barker, di genere fantasy, che l’autore ha corredato anche di illustrazioni,ma anche al meno recente, classicissimo Alice nel paese delle meraviglie, di cui la Moresco fornisce una versione particolare, più seriosa che sciroccata, di uno dei suoi personaggi più tipici, Bianconiglio.
In quanto ai riferimenti meno diretti, potrebbero essercene nella serie di Peter il Sognatore, probabilmente la più felice ed emblematica della Moresco. Si chiama Peter l’ “inventore dei sogni” di cui trattano alcuni racconti di Ian McEwan, ma si tratta di un bambino. Il Peter della Moresco potrebbe essere benissimo quel bambino cresciuto, renitente a riconoscersi nel mondo piatto degli adulti se non ricorrendo al ruolo salvifico dell’immaginazione.
Non casualmente, Peter é anche il nome di un altro personaggio della letteratura per l’infanzia, celeberrimo, che ha ispirato, da parte della psicologia junghiana, l’individuazione di una specifica sindrome secondo cui gli adulti si rifiuterebbero di esserlo fino in fondo, aspirando a essere, piuttosto, dei goderecci, scanzonati pueri aeterni.
Ecco, forse la molla prima dell’arte della Moresco é proprio in questo Peter
Pan che le é rimasto dentro e a cui non vuole rinunciare, non tanto come visione edonistica del mondo, ma, semmai, come sguardo alternativo sull’universo che conservi la freschezza e l’ingenuità della fantasia bambina.
Una fantasia per la quale le cose non contano per quello che sono, ma per ciò che sono in grado di suggerire all’immaginazione, portandoci in tal modo a reinventarle.

Vittorio Sgarbi

Moresco Critica Sgarbi (PDF)